Dormire in orbita: cosa ci insegnano gli astronauti sul sonno di qualità
Quando pensiamo allo spazio, immaginiamo panorami mozzafiato e tecnologia super-avanzata. Ma un aspetto meno noto è il sonno dei veri esploratori del cielo: gli astronauti. Le sfide che affrontano in orbita possono offrirci preziosi insegnamenti per migliorare il nostro riposo sulla Terra.
Perché dormire nello spazio è così complicato?
Sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), gli astronauti dormono in sacchi a pelo fissati alle pareti per evitare di fluttuare. Il sonno è influenzato da ambienti rumorosi, temperature mutevoli, turni e luce artificiale 16 volte al giorno. Secondo il NASA Technical Brief Sleep Accommodations, il sonno medio degli astronauti dura solo 6–6,5 ore (contro le 7 a terra), e il sonno è frequentemente interrotto da condizioni ambientali e logistiche NASA.
Senza il ciclo naturale di luce/buio, l'orologio biologico va in tilt. Per ovviare a queste problematiche la NASA ha studiato sistemi di illuminazione a LED che mimano alba e tramonto, favorendo sincronizzazione del ritmo circadiano e migliorando la qualità del sonno NASA.
Un’altra sfida riguarda il monitoraggio stesso del sonno: il progetto scientifico Sleep in Orbit ha introdotto sensori ear-EEG miniaturizzati per registrare i cicli di sonno direttamente nello spazio. Questi dati permettono di confrontare i pattern notturni in orbita con quelli terrestri e di sviluppare strategie contro i micro-risvegli e la dissonanza circadiana (NASA, Planetary.org).
Termoregolazione e tessuti termoregolatori
Un problema cruciale in orbita è la regolazione della temperatura corporea: gli studi mostrano che la temperatura corporea dei membri dell'equipaggio può aumentare di circa 1°C anche a riposo durante missioni di lunga durata Nature.
Per gestire questa condizione estrema, sono stati sviluppati tessuti avanzati in grado di dissipare e assorbire calore in modo intelligente. Tra questi spicca Outlast®, tecnologia nata proprio in ambito aerospaziale: un materiale con microcapsule a cambiamento di fase (PCM) che immagazzinano, trattengono e rilasciano calore a seconda delle condizioni ambientali.
Oggi questi tessuti non si limitano più alle missioni spaziali, ma vengono impiegati anche sulla Terra per migliorare il comfort termico durante il sonno, creando un microclima stabile e favorendo un riposo più profondo e continuo.
Cosa ci insegna tutto questo sul sonno a casa?
L’esperienza degli astronauti ci dimostra che il sonno è un processo estremamente delicato, influenzato da postura, luce, temperatura e stabilità. Anche senza trovarci in orbita, possiamo applicare gli stessi principi per migliorare il nostro riposo:
rispettare i cicli circadiani limitando l’esposizione alla luce artificiale serale;
dormire in ambienti termicamente equilibrati, tra 17 °C e 20 °C;
utilizzare tessuti capaci di favorire la termoregolazione dinamica, come Outlast®, per mantenere costante la temperatura corporea durante tutta la notte.
In occasione della Giornata Mondiale dello Spazio, possiamo dire che la ricerca nata per gli astronauti continua a portare benefici concreti anche qui, sulla Terra. Migliorare il nostro sonno significa non solo riposare meglio, ma anche vivere con più energia e lucidità — qualità indispensabili per affrontare ogni giornata come una piccola, grande missione.